Costruita originariamente vicino al monastero delle Benedettine, dove oggi vi è Piazza della Repubblica, la chiesa era già esistente nella seconda metà del ‘400.
Danneggiata dal terremoto del 1694, venne riedificata nello stesso posto e portata a termine nel 1747, e poiché pericolante a causa della frana, fu abbattuta nel 1883 e poi ricostruita all’inizio del paese, dove oggi vediamo l’attuale chiesa. Nella chiesa a tre navate, interamente ricostruita dopo il terremoto del 1980, si trova l’altare maggiore in marmo intarsiato del XVIII secolo; nel vano retroaltare è collocata la grande tela raffigurante “l’Apoteosi di San Canio”, il vescovo martire veneratissimo oltre che a Calitri in numerosi paesi della Basilicata.
La tradizione vuole che durante il trasporto del corpo del Santo da Atella ad Acerenza, nel 799, il corteo passò per Calitri e le campane del paese cominciarono miracolosamente a suonare da sole.
Da allora San Canio divenne patrono di Calitri che detiene anche una preziosissima reliquia: la falange di una delle sue dita.
Ritornando alla chiesa, sulle pareti delle navate laterali possiamo ammmirare i seguenti dipinti: “L’Adorazione del S.S. Sacramento” del XVIII secolo, ed una “Madonna col Bambino” nella navata sinistra, la “Presentazione al Tempio” pure del XVIII secolo ed una “Assunta” nella navata destra.
In fondo alle navate si trovano due altari: quello di sinistra ospita una statua del Sacro Cuore, quella di destra la statua lignea a mezzobusto del patrono San Canio, che ripete un modello iconografico molto in voga sia nella capitale che nelle province del Regno di Napoli all’inizio del ‘700. Esternamente, sulla parete destra, sono murate due lapidi risalenti al ‘700 e proveniente dall’antica Chiesa Madre.
La prima che reca la data del 25 aprile 1728, fu fatta realizzare dall’Arcivescovo di Conza Francesco Nicolai nel momento in cui dedicò la chiesa già di San Canio anche ai martiri Cosma e Desiderio; la seconda, ordinata da Giuseppe Nicolai, nipote e successore di Francesco Nicolai, è databile tra il 1731 ed il 1759, anni del suo vescovado: In essa si parla dell’ampliamento del troppo angusto ingresso della chiesa.
All’ingresso della chiesa, ai due lati, troviamo due antiche acquasantiere in pietra di pregevole fattura.